Le limitazioni contenute nel regolamento contrattuale di condominio sono costitutive di un vincolo di natura reale
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Quando le cause relative a rapporti tra proprietari di immobili competono al Tribunale locale e non più al Giudice di Pace
Le cause relative a rapporti tra proprietari di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni, che l'art. 7 c.p.c., comma 3, n. 3, affida alla competenza per materia del giudice di pace, sono quelle che si muovono nella cornice applicativa dell'art. 844 cod. civ., in cui al giudice è commesso il compito di valutare il superamento della normale tollerabilità.
Si è al di fuori di tale ambito, e la causa rientra nella competenza del tribunale, quando si verta in tema di opponibilità della clausola di un regolamento condominiale che, imponendo limitazioni al godimento degli appartamenti di proprietà esclusiva, vieti in essi l'esercizio di certe attività lavorative, e si invochi, a sostegno dell'obbligazione di non fare, non la norma codicistica sulle immissioni, ma il rispetto della più rigorosa previsione regolamentare, costitutiva di servità reciproche.
"Ne consegue che quando si invoca, a sostegno dell'obbligazione di non fare, il rispetto di una clausola del regolamento contrattuale che restringa poteri e facoltà dei singoli condomini sui piani o sulle porzioni di piano in proprietà esclusiva, il giudice è chiamato a valutare la legittimità o meno dell'immissione, non sotto la lente dell'art. 844 cod. civ., ma esclusivamente in base al tenore delle previsioni negoziali di quel regolamento, costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile ad una servità reciproca (cfr. Cass., Sez. 2, 25 ottobre 2001, n. 13164; Cass., Sez. 2, 4 febbraio 2004, n. 2106; Cass., Sez. 2, 8 marzo 2006, n. 4920)."